“Non-verbal communication”, uno studio pionieristico condotto nel 1972 da Albert Mehrabian, ha messo in evidenza come la nostra comunicazione sia composta da diversi livelli.
Mehrabian ha dimostrato che l’efficacia di un messaggio non dipende esclusivamente dalle parole pronunciate, ma è distribuita in modo molto diverso tra tre componenti fondamentali:
- comunicazione verbale: rappresenta solo il 7% del messaggio percepito;
- comunicazione paraverbale: incide per il 38%;
- comunicazione non verbale: ha il peso maggiore, influenzando il 55% della comunicazione.
Questo studio suggerisce che il significato letterale di ciò che viene detto è solo una piccola parte di ciò che realmente percepiamo quando comunichiamo con gli altri. La maggior parte del messaggio è influenzata da come ci presentiamo e da come ci esprimiamo attraverso segnali non verbali. Questo è particolarmente vero in situazioni in cui non si ha familiarità con l’interlocutore, dove i segnali non verbali giocano un ruolo ancora più determinante nel formare le prime impressioni e nel determinare la comprensione del messaggio.
Per parlare di comunicazione verbale, paraverbale e non verbale, prendiamo come esempio il parlare ad alta voce, un’attività che ci permette di accedere a diversi livelli di comunicazione. Quando leggiamo ad alta voce di fronte a un pubblico, non stiamo semplicemente trasmettendo parole, ma mettiamo in gioco vari aspetti che influenzano la nostra performance vocale.
Comunicazione verbale: cosa comunico
La comunicazione verbale è quella che si manifesta attraverso le parole, ed è la parte più “esplicita” del nostro messaggio. Tuttavia, come evidenziato dallo studio di Mehrabian, costituisce solo una minima parte dell’intera comunicazione. Nonostante questo, la scelta delle parole rimane cruciale, poiché influisce sul contenuto specifico e sul significato diretto del messaggio.
Una comunicazione verbale è definita efficiente quando il messaggio viene trasmesso in modo tale da essere chiaro e comprensibile per l’interlocutore. Ma per essere efficace, non basta solo essere compresi: è importante che il messaggio lasci un impatto duraturo, che venga ricordato e che susciti una reazione positiva, o un feedback favorevole. Questo richiede la capacità di organizzare il discorso in modo persuasivo, utilizzando un linguaggio che non solo informi, ma anche coinvolga emotivamente chi ascolta.
Nel contesto della lettura a voce alta, questo livello si occupa del testo scritto che leggiamo. Il compito della comunicazione verbale è quindi quello di trasmettere il contenuto logico e concettuale, ovvero il “cosa” diciamo. Entro questa dimensione troviamo l’informazione più oggettiva e razionale del nostro messaggio.
Comunicazione paraverbale: come comunico
La comunicazione paraverbale riguarda il modo in cui usiamo la voce per veicolare il messaggio. Il tono, il timbro, il volume, il ritmo, le pause: tutti questi elementi non verbali accompagnano le parole e ne modificano o rafforzano il significato. Ad esempio, una frase detta con tono di voce dolce può trasmettere empatia, mentre la stessa frase pronunciata con un tono secco o aggressivo può sembrare fredda o minacciosa.
Gli aspetti principali della comunicazione paraverbale includono:
- il tono: la voce può essere monotona o variegata, influenzando la percezione dell’interesse e della motivazione dell’oratore;
- il ritmo: una voce troppo veloce può creare confusione, mentre una troppo lenta può risultare noiosa;
- il volume: deve essere adeguato al contesto, né troppo alto né troppo basso;
- la velocità e le pause: questi elementi aiutano a sottolineare i concetti chiave e a dare spazio alla riflessione.
L’uso sapiente delle pause e delle variazioni nel tono permette di attirare e mantenere l’attenzione del pubblico, sottolineando i punti cruciali del discorso. È altrettanto importante che l’aspetto paraverbale non sia eccessivamente condizionato dalle emozioni personali: un tono troppo emotivo o enfatizzato può compromettere la chiarezza del messaggio, facendo perdere credibilità o interesse.
Comunicazione non verbale: il linguaggio del corpo
La comunicazione non verbale è forse la componente più potente e meno consapevole del nostro modo di esprimerci. Si tratta di tutto ciò che non è veicolato attraverso le parole o la voce, ma che passa attraverso i nostri gesti, il nostro aspetto, le nostre espressioni facciali e la postura.
Comprende:
- i segnali fisiologici: come il colorito del viso, il respiro, i movimenti degli occhi;
- la gestualità: in particolare i movimenti delle mani e dei piedi, che spesso accompagnano o enfatizzano ciò che stiamo dicendo;
- la postura: la posizione del corpo trasmette messaggi sul nostro stato emotivo e sul nostro atteggiamento verso l’interlocutore;
- la prossemica: ovvero l’uso dello spazio personale, che varia a seconda della relazione e del contesto.
Questi aspetti non verbali sono fondamentali per la comprensione e l’interpretazione del messaggio. Ad esempio, incrociare le braccia può indicare chiusura o difensiva, mentre mantenere il contatto visivo diretto può esprimere sicurezza e attenzione. La capacità di sincronizzare la comunicazione verbale, paraverbale e non verbale è ciò che distingue un comunicatore efficace da uno che rischia di essere frainteso o ignorato.
Anche se stiamo semplicemente leggendo, la nostra postura, espressioni facciali e gesti possono rafforzare o modificare ciò che stiamo dicendo. Il pubblico percepisce questi segnali corporei e li integra con il messaggio verbale e paraverbale. Ad esempio, un gesto con la mano può dare enfasi a una parola, mentre una postura aperta e rilassata può suggerire sicurezza.
Comunicare con il silenzio
Il silenzio, per sua natura, rappresenta l’assenza di parole, ma non di significato. Anzi, esso può essere una forma di comunicazione estremamente potente e strategica, il cui significato varia in base al contesto, alle relazioni tra le persone coinvolte e alla cultura di riferimento. A differenza della parola, che ha un significato esplicito e immediato, il silenzio è ambiguo: può veicolare messaggi profondamente positivi, come una forte intesa o un legame profondo, oppure rappresentare segnali negativi di conflitto, tensione o distanza emotiva.
La natura poliedrica del silenzio si manifesta attraverso molteplici interpretazioni e funzioni, che possono essere classificate in diverse categorie. Ecco alcune delle più comuni:
- silenzio riflessivo: in questo caso, il silenzio è utilizzato per raccogliere pensieri, elaborare informazioni o riflettere su una situazione. È un momento di pausa cognitiva in cui si sospende l’azione verbale per analizzare o meditare. Questo tipo di silenzio può essere interpretato come un segno di profondità intellettuale o di attenzione verso ciò che sta accadendo, permettendo una comunicazione più ponderata e consapevole;
- silenzio difensivo: spesso adottato per evitare di peggiorare una situazione di tensione o conflitto. Invece di alimentare una discussione accesa, si sceglie di rimanere in silenzio per proteggere la relazione o attendere un momento più favorevole per affrontare il problema. Questo tipo di silenzio può essere un segno di maturità emotiva e autocontrollo, in quanto evita di reagire impulsivamente e cerca di preservare l’equilibrio relazionale;
- silenzio ostile o manipolativo: in questo caso, il silenzio viene usato come arma per escludere, punire o indurre sensi di colpa nell’interlocutore. Spesso viene utilizzato in relazioni conflittuali o deteriorate, e mira a far sentire l’altro in colpa o a sottolinearne l’inferiorità. Questo tipo di silenzio non è funzionale allo scambio relazionale, anzi, tende a sabotare la comunicazione, creando barriere tra le persone.
Il silenzio, quindi, può assumere una molteplicità di significati, dal raccoglimento personale alla manipolazione relazionale, passando per la protezione del rapporto. Come per la parola, anch’esso necessita di un’attenta gestione, poiché può influenzare profondamente il corso di una conversazione o di una relazione.
Comunicare in maniera efficace
La comunicazione efficace si realizza quando i tre livelli della comunicazione – verbale, paraverbale e non verbale – sono allineati tra loro e funzionali all’obiettivo di creare una connessione autentica con l’interlocutore. Una comunicazione è davvero efficace quando non solo riusciamo a trasmettere il nostro messaggio, ma quando creiamo un clima di fiducia, siamo in grado di coinvolgere chi ascolta, rassicurarlo, ottenere consenso e, soprattutto, favorire uno scambio reciproco e aperto.
Non si tratta solo di una strategia elaborata a livello teorico, ma di un’abilità dinamica che richiede costante attenzione e adattamento in ogni interazione. Ogni esperienza di comunicazione, infatti, influenza e arricchisce le successive, in un ciclo continuo di apprendimento e miglioramento.
Per raggiungere una comunicazione efficace, è importante tenere a mente alcuni principi chiave, tra cui:
- empatia: essere capaci di mettersi nei panni dell’altro, comprendendo non solo le parole che dice, ma anche le emozioni e i bisogni che esprime. L’empatia permette di creare un legame più profondo, basato sulla comprensione reciproca e sull’accettazione delle differenze;
- ascolto attivo: prestare attenzione in modo autentico all’interlocutore, dimostrando interesse verso ciò che dice e incoraggiando il dialogo. L’ascolto attivo richiede non solo di udire le parole, ma di cogliere anche i segnali non verbali e di interpretare il messaggio nel suo complesso. In questo modo si costruisce una base solida per un’interazione rispettosa e costruttiva;
- feedback: restituire all’altro ciò che abbiamo percepito dal suo messaggio, fornendo un riscontro costruttivo e rispettoso. Il feedback è essenziale per chiarire eventuali malintesi e per dimostrare che si è davvero compreso ciò che è stato detto;
- spontaneità: comunicare in modo genuino e trasparente, senza nascondersi dietro a maschere o atteggiamenti artificiali. La spontaneità contribuisce a rendere la comunicazione più autentica e credibile, facilitando la connessione emotiva con l’interlocutore;
- rinuncia agli atteggiamenti sabotatori: critiche affrettate, giudizi taglienti o soluzioni immediate spesso bloccano il dialogo, creando barriere che impediscono una comunicazione fluida e rispettosa. Al contrario, una comunicazione aperta e rispettosa aiuta a esprimere i propri pensieri e sentimenti in modo chiaro e assertivo, senza svalutare o dominare l’altro.
In sintesi, comunicare efficacemente significa saper trasmettere i propri pensieri, emozioni e stati d’animo in modo tale da favorire la costruzione di relazioni soddisfacenti e arricchenti. Una comunicazione efficace permette di condividere bisogni, valori e obiettivi, creando uno spazio di comprensione reciproca e rispetto.
Migliorare la comunicazione non solo favorisce l’instaurarsi di rapporti più armoniosi e produttivi, ma arricchisce anche noi stessi, permettendoci di crescere emotivamente e socialmente. In questo processo, impariamo ad ascoltare, a rispettare le esigenze altrui e a comunicare in modo più consapevole, aprendo la strada a relazioni più autentiche e soddisfacenti.
Comunicare in modo efficace via mail
Comunicare bene via mail è essenziale per trasmettere messaggi chiari, ridurre i fraintendimenti e facilitare collaborazioni efficienti. Una mail ben strutturata rispetta il tempo del destinatario, facilita la comprensione e aumenta l’efficacia complessiva delle interazioni. In un mondo digitalizzato, saper comunicare efficacemente via mail è un’abilità cruciale per ogni professionista.
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